Da un po’ di tempo a sta parte la bicicletta sta vivendo una nuova stagione nella quale è percepita non solo come mezzo efficiente e pulito ma anche come oggetto simbolo di uno stile di vita invidiabile.
L’industria automobilistica da sempre punta alla nostra sfera emotiva, non potendo di certo puntare molto sull’aspetto razionale del mezzo ma, ancora di più, sapendo perfettamente che non c’è razionalità che tenga di fronte al desiderio.
La potenza di persuasione dell’industria automobilistica lascia in cantucci defilati cifre e dati nella comunicazione con i potenziali clienti; evoca paesaggi mozzafiato, città ipertecnologiche con viali pieni di pedoni che ammaliati guardano passare l’unica auto in circolazione, donne inarrivabili che accarezzano il volante di un gigantesco gippone addomesticato: l’elenco sarebbe lunghissimo e comunque riassumibile in questo: emozioni, e di tipo viscerale per giunta.
La sfera del desiderio e delle emozioni, nel campo della mobilità, non è più, da qualche tempo a questa parte, il regno incontrastato del motore a scoppio perché, a mio avviso, una parte di quello che chiamiamo – generalizzando ampiamente – ambientalismo, ha messo da parte, a sua volta, la razionalità dei rompiballe e punta diritto alla pancia della gente.
Una parte ancora molto esigua dell’ambientalismo – nemmeno riconducibile forse ad esso – che tuttavia convince molto più di inoppugnabili testi scientifici prodotti negli ultimi 40 anni da prestigiose associazioni, fondazioni, circoli e organismi internazionali pluriaccreditati, ha colto finalmente la lezione: “ La sopravvivenza non interessa concretamente l’anima umana; la risposta del cuore è glaciale”i ; messa da parte la razionalità puntano sull’emozione: andare in bici è la distinzione in mezzo ad un mare di lamiera, rischiare tutti i giorni la vita sulla strada in bici è molto più divertente che rischiarla in auto, giocare con la bici è una promessa che si mantiene ogni giorno e che lascia basito l’automobilista impotente nella sua auto che gli può dare solo suoni o immagini virtuali…Per farla brevre un ciclista per strada nell’ora di punta inizia ad essere percepito anche dagli automobilisti come uno con le palle…con più palle! Se poi è una donna che zigzaga tra gli interstizi metallici dei massificati questi cominciano a farsi due domande sulle promesse emotive ampiamente non mantenute dal mezzo che stanno conducendo.
Ed è un segno dei tempi che stanno mutando se un brand, notoriamente con poco appeal, si rivolga proprio a quella massa di persone che inizia a valutare il fatto che forse si può fare a meno dell’auto, quei ggiovani maschi che, un po’ per necessità, un po’ per convinzione, potrebbero prendere in seria considerazione l’idea di non possedere un’auto e continuare ad usare la bici anche, perchè no, per presentarsi ad un primo appuntamento. Il brand alla ricerca di clientela ggiovane, in cerca di rivalutazione e con la linea teutonica, ti dice, con la grammatica delle immagini: Attento ggiovane maschio italico! Anche il più fico dei ciclisti televisionati va ignominiosamente in bianco nei suoi approcci sessuali presentandosi in bicicletta. Non ti occorre una fuoriserie, nooo, basta una nostra auto che i tedeschi hanno reso simile alle loro! Ecco l’happy end, i due che se ne vanno veloci a bordo del nostro bel mezzo alla tua portata.
Un video pubblicitario che insomma mostra il fianco…E allora diamoci dentro e colpiamo a più non posso! Le cose stanno cambiando, ma dentro l’auto chi ti vede? Il glamour scende dall’auto!
Grazie a Luca per le foto e a Danila e soci per le” pose” glam (proprio ieri sera dicevo al fotografo che non avrei mai trovato un argomento per postarle!)
iGuido Ceronetti, La carta è stanca, Adelphi.